Trump, l’attentato e le teorie del complotto

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(Adnkronos) – Da sabato impazzano sui social le più svariate teorie del complotto liberal sul fallito attentato a Donald Trump. Un fenomeno che è stato ribattezzato “BlueAnon”, con una crasi tra il QAnon fucina teorie del complotto di matrice di estrema destra e il blu dei democratici. C’è chi sostiene che il sangue apparso sull’orecchio e sul volto dell’ex presidente fosse un trucco di scena, e che la foto simbolo della sparatoria di Butler, che mostra Trump che si alza con il volto insanguinato e alza il pugno sullo sfondo della bandiera americana, sia stata preparata ad arte.  

“Quando mai il Secret Service ha iniziato a permettere al presidente in una situazione di pericolo di dire di ‘aspettare’ per alzarsi e mostrare il pugno alla folla? Potete criticarmi per il fatto di pensare che si tutto un falso?”, scrive un utente di X, ventilando quindi l’accusa di una collaborazione degli agenti del Secret Service alla messinscena.  

“Il paradigma di QAnon del male contro il bene sembra avere presa ul movimento anti-Trump e vediamo le due parti che si contrastano in quella che considerano una guerra del bene contro il male”, è il commento Mike Rothschild, autore del saggio sul movimento di estrema destra che da anni diffonde tesi complottiste riguardo a presunte sette sataniste e pedofile legate ai dem. Ora le teorie del complotto sull’attentato di Trump arrivano “da importanti influencer di sinistra e liberal che credono che Trump sia così malvagio da fingere il suo assassinio per aiutare la sua vittoria elettorale”.  

Tra questi spicca Dmitri Mehlhorn, consigliere politico del finanziatore dem Reid Hoffman, che sabato notte, quindi poche ore dopo l’attacco, ha scritto in una mail di considerare “la possibilità, che appare orribile, estranea e assurda in America, ma che è abbastanza comune a livello globale, che la sparatoria sia stata incoraggiata e magari orchestrata in modo che Trump potesse ottenere le foto e le conseguenze positive”.  

Ed ha poi criticato il fatto che “nessun giornale o opinionista americano” fosse in quelle ore disposto a prendere in considerazione questa possibilità. Parole così azzardate, che hanno spinto lo stesso Mehlhorn nel giro di poche ore a fare marcia indietro, scusando per la mail “scritta ed inviata senza consultarmi con nessuno del mio team”. In una dichiarazione al Washington Post ha poi corretto il tiro affermando che “dobbiamo essere uniti nel condannare questa violenza, senza riserve, ogni altra questione è una distrazione”.